top of page

SAN PAOLO, L’APOSTOLO DELLE GENTI (Mario)

00:00 / 14:36

Da mercoledì 3 Marzo cominciano gli incontri settimanali sulla Parola….

Quest’anno commenteremo le lettere di San Paolo…..

Proviamo a capire già da adesso perché San Paolo è così  importante per la teologia cristiana:

Schermata 2021-02-22 alle 22.46.16.png

  Il grande missionario:

Possiamo considerare San Paolo il più grande evangelizzatore di tutti i tempi. Guidato dall’ansia di comunicare Cristo, che sente non come un vanto, ma come un dovere, compì vari viaggi missionari (a piedi avrebbe percorso circa 7.800 Km, in mare circa 9.000 Km), sopportando flagellazioni, torture, affrontò 3 naufragi e pericoli di varia natura anche da parte dei suoi connazionali, fame e sete, freddo e caldo, digiuno, tutto per amore del Vangelo. Paolo è un fondatore di Comunità che ha continuato a guidare da lontano con i suoi scritti, sempre animato da grande entusiasmo e da una forte carica mistica; è da considerarsi il teologo più profondo del cristianesimo. 

 

  Tra annuncio di fede e cultura del tempo:

È stato un uomo fortemente condizionato dalla cultura del suo tempo, che lo ha portato ad esempio ad osteggiare il matrimonio a favore del celibato….. Comunque, lui stesso precisa che la preferenza per il celibato è consigliata da lui, non dal Signore. Rispetto all’imminenza del ritorno del Signore (considerato prossimo dalla prima Chiesa), mentre nelle prime lettere anche lui annunciava l’imminente ritorno (parusia), nelle ultime lettere rivede questa posizione, affermando che la venuta del Signore è da riferirsi alla Sua Resurrezione che ci ha già procurato con questo evento la salvezza. Egli è già venuto e di conseguenza noi siamo già nella vita di Dio, anche se ora vediamo tutto questo come in uno specchio in maniera confusa. 

 

  Le lettere di Paolo:

Nonostante questi atteggiamenti, Paolo rimane una figura luminosa capace di farci innamorare di Cristo attraverso le sue Lettere, di cui solo 7 sono autenticamente paoline (1 Ts, 1 e 2 Cor, Fil, Fm, Gal, Rm), le altre sono dei suoi discepoli, mentre quella agli Ebrei non può considerarsi di scuola paolina….  Lettere che non hanno uno scopo letterario, sono scritte con grande fervore e ardore apostolico, ma da tutte trapela il suo grande amore per Cristo che pervade la sua vita (“Non son più io che vivo ma è Cristo che vive in me”) 

 

  Paolo e Gesù:

Gesù predica il Regno di Dio, Paolo, invece parla di Gesù Cristo, e in particolare della Sua morte e Resurrezione. Per tale motivo si dice che in Paolo “l’Evangelium Christi” è sfociato logicamente nell’ “Evangelium de Christo”: “il problema centrale non è ciò che Gesù ha insegnato, ma ciò che Egli ha fatto e ciò che Egli ha sofferto; in altri termini, in Paolo la cristologia che era implicita nei Vangeli, diventa esplicita.   

  La condivisione del pensiero di Paolo:

Le lettere di Pietro sono gli unici testi veramente Paolini del Nuovo Testamento: in particolare nella seconda Pietro difende a spada tratta le Lettere di Paolo sostenendo che, per quanto difficili, sono parola di Dio al pari delle Sacre Scritture, e chiama Paolo “mio amato fratello”. È proprio questa lettera che pone le basi perché entrambi, martiri a Roma, vengano considerati come le colonne della Chiesa cattolica.

Tra il 95/99 Papa Clemente I cita Paolo con Pietro, definendoli le più grandi e sante colonne della Chiesa. Ignazio di Antiochia nel 110 scrivendo agli Efesini li definisce “iniziati al mistero di Cristo da Paolo il Santo, degno di essere chiamato beato”. Il pensiero di Paolo si diffonde in Turchia, in Grecia, a Roma, mentre è poco conosciuto nell’Africa del nord e nella Siria. Le comunità di Paolo sono molto piccole e nascono nelle famiglie (chiese domestiche), sono a maggioranza proletaria, a struttura molto carismatica, dove si impongono quelli che più lavorano nella comunità, con una numerosa presenza femminile. A poco a poco per esigenze organizzative, nascono figure particolari, come i sovrintendenti, episcopi (vescovi), mentre le comunità giudaico cristiane, di origine petrina, assegnano questo ruolo agli anziani, i presbiteri (preti).  Nelle prime comunità cristiane le donne avevano ruoli importanti, parlavano, profetavano, presiedevano.

 

  La giustificazione per fede:

I punti fondamentali della teologia paolina che da una parte ne determinano l’originalità e la grandezza profetica all’interno del cristianesimo, dall’altra generano  forte opposizione del mondo giudaico, sono: 

​

A) “l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo (Gal. 2,16) 

​

B) “tutti hanno peccato, tutti sono privi della gloria di Dio ma tutti sono giustificati gratuitamente per mezzo della redenzione che è in Cristo……” (Rom. 3,23-24)

​

Al centro del pensiero di Paolo vi è la libertà dalla Legge: io divento giusto davanti a Dio non per quello che faccio, ma per quello che Dio ha fatto per me in Gesù Cristo: in altri termini come scrive Lutero “non è che noi facendo le cose giuste diventiamo giusti, ma se siamo giusti, facciamo le cose giuste”. 

  La giustizia di Dio:

Per capire Paolo occorre comprendere che il concetto di giustizia di Dio non è l’equivalente del nostro, inteso come dare a ciascuno il suo, in altre parole premiare i buoni e castigare i cattivi.  Il giusto nella Bibbia è colui che ha buone relazioni, colui che è accettato dagli altri….. Afferma al riguardo Mons. Ravasi che “poche cose hanno fatto tanti danni nella teologia contemporanea che aver inteso il termine giustizia che troviamo nella Bibbia nel senso del diritto romano e non nel senso della tradizione ebraica”. Il Dio che premia i buoni e punisce i cattivi è il Dio dei pagani: il Dio dei cristiani offre a tutti la possibilità di salvezza. Quando si dice che Dio ci giustifica in Cristo si dice che Dio entra in relazione con noi attraverso Gesù Cristo, quando si dice che noi siamo giustificati dal sangue di Cristo, vogliamo dire che noi entriamo in relazione con Dio, tramite il sangue di Cristo. Il nostro Dio è il Dio della relazione: ed è ingiusto perché premia tutti con la stessa moneta (v. servi dell’ultim’ora) o, pur condannando la disonestà, elogia la scaltrezza (v. l’amministratore disonesto). È l’ingiustizia dell’amore perché chi ama perde il senso della giustizia ed è capace di abbandonare 99 pecorelle per andare a trovare quella smarrita o di ridividere il patrimonio quando ritrova il figlio perduto; come non è giusto Gesù che perdona l’adultera e proclama una verità inedita per il mondo giudaico: Dio si prende cura anche dei peccatori e non solo dei praticanti e osservanti (come pensavano gli ebrei), perché, come dice Paolo, tutti abbiamo peccato, ma tutti siamo giustificati gratuitamente dalla sua grazia. In tal senso il sacrificio della croce non è un atto con cui un Dio terribile, per sanare il malinteso senso della propria giustizia, sacrifica il figlio per avere soddisfazione dell’offesa ricevuta (espiazione), ma è il vertice di una relazione d’amore tra Dio e l’uomo, col quale condivide i suoi limiti e le sue sofferenze fino alla morte, e alla morte in croce. La giustizia del Dio di Gesù Cristo è, quindi, la giustizia di un Dio che, senza che noi ce lo meritiamo, entra in relazione con noi tramite il Cristo, facendosi povero da ricco che era, facendosi peccato da perfetto che era, come dice Paolo usando dei paradossi, per tutti perché vuole che tutti gli uomini (anche gli empi) siano salvi (Lett. 1a Timoteo 2). E’ questo il paradosso di Cristo: che ci salva anche se siamo peccatori e non perché siamo buoni. Ma il paradosso di Dio è che, “mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi”. (Rm.5,8). Atteggiamento questo incomprensibile e blasfemo non solo per gli ebrei, per i quali Dio è il Dio dei giusti “ma per qualsiasi morale”.

 

  Fede ed opere:

Ma le opere non c’entrano proprio niente, sono irrilevanti?... Da una parte Paolo afferma che siamo giustificati dalla fede, cioè che entriamo in relazione con Dio solo attraverso l’adesione a Cristo; dall’altra Giacomo afferma che la fede senza le opere è morta, ma lo fa solo per chiarire il pensiero di Paolo, senza contraddizione, come evidenzia S.Agostino: “Ille, Paulus, dicit de operibus quae fidem precedent, iste Iacob de iis quae fidem secuntur”. Cioè se io ho aderito a Cristo, se sono innamorato di Lui, chiaramente mi comporterò come Lui, imitandoLo, perché  il credente è uno che ha il cuore di Cristo e il cervello dello Spirito Santo, è un alter Christus, di conseguenza da questa adesione deriveranno le opere, la carità, l’amore perché è Cristo che vive in lui. L’uomo che entra nella relazione gratuitamente offerta da Dio in Cristo a tutti gli uomini, diventa capace di amore, di servizio, di carità sull’esempio di Cristo. Tutto deriva dalla fede: ma se la fede è autentica, produrrà sicuramente le opere. In questo senso non c’è contraddizione tra Paolo e Giacomo.

 

Afferma Benedetto XVI: “L’espressione ‘sola fide’ di Lutero è vera se non si oppone alle opere di carità, all’amore. La fede è guardare Cristo, affidarsi a Cristo, è attaccarsi a Cristo, è conformarsi a Cristo e alla sua vita…” La grandezza di Paolo, quindi, è quella di aver distrutto una concezione in cui l’uomo doveva adoperarsi per arrivare a Dio, ma anche quella di portarci al cuore del pensiero cristiano, ad un Dio che si dona totalmente, che entra in relazione con noi, che si fa uomo per divinizzarci e nel momento in cui ci divinizza, ci rende simili a Lui, capaci di amore, di gioia e di servizio.

 

Ma la radice di tutto è aderire a Lui che entra in relazione con noi per mezzo di Cristo nello Spirito Santo.

bottom of page